Conosciamo la shrinkflation

Shrinkflaktion, la parola compare sempre più spesso sui giornali, in televisione e nei siti internet. Ma cos’è?

La parola nasce dall’unione del verbo inglese shrink, restringere, con inflation, inflazione. Indica quella strategia scelta da alcune aziende che per nascondere l’aumento dei prezzi lasciano inalterato sia il prezzo sia la confezione ma il contenuto è inferiore.

Il fenomeno non è nuovo, infatti già nel 2017 l’Ufficio Nazionale Statistico della Gran Bretagna (vedi qui) pubblicava uno studio che denunciava oltre 2.500 casi di shrinkflaction nel periodo gennaio 2012 – giugno 2017.

L’Istat prevede che a fronte di una inflazione che a maggio ha raggiunto una crescita del 6,8% su base annua, gli stipendi dovrebbero aumentare di un risicato 0,8%, quindi una perdita del potere di acquisto del 6%. A questo si aggiunge che l’Italia è l’unico Paese Ocse in cui i salari sono diminuiti negli ultimi trent’anni, complice la stagnazione di Pil e produttività: -3%, mentre la Germania segna +34%, la Francia +31% e la Spagna +6%. I nati dopo il 1986 hanno il reddito pro-capite più basso della storia italiana.

La combinazione di questi due fattori, ha un pesante impatto sui consumi delle famiglie e le imprese riducono il contenuto delle confezioni lasciando inalterata la confezione. Questa operazione nasconde un vero e proprio aumento dei prezzi mascherato.

I prodotti coinvolti in questa operazione sono parecchi e spaziano dai biscotti alle confezioni di the passando dalla carta igenica al cioccolato. Il comun denominatore è sempre lo stesso “la diminuzione del prodotto acquistato”: le confezioni di the non contengono più 25 bustine ma 23, il flacone del detersivo della lavatrice da 1,5 litri passa a 1,2 , i pacchetti di fazzoletti non ne contengono più 10 ma 9, il cioccolato pesa 90 grammi non 100 g e via dicendo, l’elenco è lunghissimo. Infatti l’Antitrust sta seguendo il fenomeno, come dichiarato dal direttore generale dell’Antitrust, Giovanni Calabro’ in un’audizione davanti alla Commissione d’inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti, spiegando che l’Autorità “sta monitorando il fenomeno al fine di verificare se possa avere rilevanza ai fini dell’applicazione del Codice del Consumo, con particolare riferimento alla disciplina in materia di pratiche commerciali scorrette”.

In attesa del risultato del monitoraggio, bisogna prestare ancora più attenzione a cosa si acquista non solo controllando l’etichetta ma facendo anche confronti di prezzo tra prodotti di marche diverse, prendendo come riferimento il prezzo al litro o al chilo, che si trova sul cartellino che viene esposto sul punto vendita.